Si sente rumore. Un rumore che parla mille voci, ognuna delle quali dice un qualcosa di diverso, ma allo stesso tempo coerente.
Frasi estemporanee gettate all'aria di questa stanza come bollicine di ossigeno nel mare, perché forse è proprio questo quello che mancava intorno a me: ossigeno. Piena di anidride carbonica mi ostinavo ad ansimare nella luce offuscata di una lampada rovesciata su un comodino adiacente ad un letto lasciato sfatto e vuoto da troppo tempo. E addenti quel che puoi, dai quel che vuoi, fino a non dare più niente, fino a voler credere di non aver mai ricevuto niente. La rabbia è uno scudo, il dolore una necessità. A volte temo che un essere umano abbia più bisogno del dolore che non della felicità. Rassicurante il primo, lusinghiera e imprevedibile la seconda. La felicità richiede coraggio, la tristezza nella sua semplicità abbisogna solo di un animo indebolito, facile da trovare. Eppure c'è, c'è per chi la vuole, c'è perché il mondo è grande, c'è perché questa giostra finché siamo in piedi non smette di girare. Ad ogni giro un nuovo volto, una nuova opportunità ed alle volte si gira in due.
In questo luna park l'errore più grande è perdere sé stessi. La nostra assenza ci getta nelle braccia del caso, delle fortuità e ci toglie ogni capacità di sentire, osservare, tradurci ed interpretarci. Così giungiamo a perdere persino ciò che più di ogni altra cosa ci appartiene: le sensazioni. E spesso si sbaglia, si abbandona una strada, si tenta di mettere una transenna perenne a bloccare quell'unica via di ritorno. La verità è che la via del ritorno non è una sola e quando siamo fortunati è la via stessa a non abbandonarci, a pretendere un ritorno, persino contro la nostra volontà. Quanto sappiamo essere stupidi... pensare di non avere più niente per paura di perdere tutto, ritrovarsi con un nonnulla in tasca quando più di ogni altra cosa vorremmo riempirla. Ma eccomi di ritorno, tra sassolini, pietre, sabbia nelle scarpe, ma un orizzonte più chiaro e imminente.
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