lunedì 6 dicembre 2010

A te

Non so come iniziare, non so dove trarre ispirazione per una cosa così profonda come quella che vorrei scrivere, ma sento di doverla dire, di dovermi impegnare per fare uscire quelle parole che vorrei dirti, che non avresti compreso, che adesso forse, chissà, puoi percepire.
Mi dispiace non esserti stata vicina nell'ultimo periodo, diciamo pure negli ultimi anni. Non scriverò poesie, non cercherò di allontanarmi da te con un linguaggio incompreso, voglio essere chiara, tu che adesso puoi capirmi.
In realtà non ho idea di quello che scriverò, non riesco a trovare le parole, scusami. Ultimamente sto logorando questa parola, ultimamente mi sono dovuta far scusare da tanti, anche da te. Chissà come sarebbero andate le cose se avessi continuato ad esserci, probabilmente allo stesso modo, la mia presenza non avrebbe cambiato il corso della natura.
E' vero, mi sono allontanata, ho preso il volo, mi sono alzata sulle mie gambe, quelle stesse gambe che tanti tanti anni fa si facevano trascinare da te su quel tappeto-guida dove a malapena mi reggevo mentre tu ti spostavi in giro per la casa preoccupandoti di eventuali spilli lasciati per terra. Mi sono alzata e mi sono allontanata, ma non ho smesso di pensarti, sapevo che c'eri, ho solo costruito la mia vita, una vita lontana da te, lontana da vecchie consuetudini. Ma ricordo tutto, nella mia mente non ho dimenticato un singolo dettaglio, è tutto impresso e forse questo mi è bastato, questo ha rimpiazzato l'uomo che non potevi più essere per colpa di una natura meschina, come quella umana. Ricordo alla perfezione l'odore nel pane vicino ai cassetti davanti ai quali mi inginocchiavo per prendere il mazzo di carte che ci riempiva le domeniche pomeriggio. Ricordo tutti i giochi, anche quelli più assurdi, ricordo di aver imparato tanto, ricordo la tua faccia, ora più che mai la ricordo con chiarezza, ci divertivamo. Alla fine mi dicevi in quel tuo dialetto un po' troppo toscano che eri stanco e allora ti sedevi. Ricordo la sedia, di plastica bianca, così sforzata da aver bisogno di essere legata zampa a zampa da un laccio verde, per evitare che cedesse. Ricordo i quadri della tua casa, la stanza dove mi nascondevo, il libro di pinocchio che trovavo nascosto nella cassettiera di quella camera ormai inutilizzata. Ricordo i tuoi libri, il tuo vocabolario antico che ancora custodisco, i tuoi soprammobili, le mie foto sul tuo mobile della cucina, il ripostiglio, il garage, sempre così misterioso. Ricordo, forse meno, anche le passeggiate vicino casa tua. Poco tempo fa passando dalla tua stazione e vedendo il tuo palazzo mi è successo di ricordarmi delle nostre prime passeggiate: mi portasti alla stazione. C'era un pergolato, un box e poi i binari. Quelle giornate mi sono rimaste così impresse. Ricordo le mie mani nella "sabbia bianca" che a dire il vero ancora non so cosa sia, per me era solo sabbia fine. Ricordo i giochi, quando costruivi sogni dal niente, solo con le tue mani e poi me li porgevi ed io ero felice, andando a casa con quel piccolo paniere immaginario contenente tanti oggetti fantasiosi, a mio piacimento; è questo il bello dell'immaginazione. Sono tante, tantissime, le cose che ricordo, forse non è giusto riversarle su un foglio. Ti volevo bene per quello che hai fatto, non hai mai sbagliato una singola mossa, nemmeno una, spero di averti reso felice e so che è così.
Poi il cambiamento, inesorabile e lento. Continuavi a chiedermi le stesse cose, ripetermi le stesse frasi. Se ero sposata, se andavo a scuola. Non voglio pensarci. Ricordo di averti avuto a casa mia; stessa storia. Non possiamo farci niente, mi sono sentita impotente, speravo che in fondo ricordassi anche tu, lo speravo davvero, ma vedevo che non era così, ma sono felice di rimanere unica custode della tua memoria. L'ultima volta che ti ho visto eri a casa tua, sul divano, non mi riconoscevi, mio padre ti mostrava le mie foto e tu non ci credevi, o forse sì, non sono riuscita a capirlo. Così me ne sono andata con il dolore nel cuore, ma quel dolore, così forte, si nutriva dell'amore provato. Tanto è più grande l'amore, tanto il dolore che di esso si nutrirà, senza sostituirlo. Il dolore è consapevolezza di aver perso, quindi di aver avuto e io non posso che essere felice di averti avuto.

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