Strana sensazione quella di sentirsi lontano. Lontano da me stessa, da te, da noi. Paradossalmente mi trovo in uno strano luogo dove non c'è niente.
Mi guardo intorno, ci sono solo mobili scarni, di un legno scuro che esala il tipico odore di transitorietà. Siamo qui, ma domani potremmo non esserci. E' solo un luogo di stallo, tutto sta per cambiare. Come un vecchio rifugio insediato in uno spiazzo pianeggiante della montagna anche questa stanza offre asilo a chi si è perso o a chi deve proseguire un viaggio di cui non conosce ancora la meta.
Potrei puntare dritto alla cima, ma la via diretta non è poi così invitante. Veloce, questo lo è sicuramente, ma le probabilità di successo sono basse. Sono dentro al rifugio. Dalle finestre si intravedono cime innevate; le vedo, sono là, eppure sono anch'esse lontane. Mi avvicino al vetro gelido e penso. Nella mia testa inizio a tracciare misteriosi e arzigogolati percorsi ripidi e azzardati. So bene che la probabilità maggiore è quella di fermarsi a metà via notando che il manto nevoso, occluso dalla brina di superficie, non regge il mio corpo e affonda ad ogni mio passo. E' troppo difficile, davvero non riesco a salire, è tutto così aspro e impervio. Gli arbusti sono ormai seppelliti da un mare bianco e lunare. Devo tornare indietro. Ed ecco che mi risveglio, sempre nel rifugio con gli occhi puntati a quel tratto in salita. No, devo cercare un'altra via, così non ce la faccio.
Voglio davvero arrivare alla cima? Ogni qualvolta che questo pensiero scorre nella mia testa qualcosa sopraggiunge a destarmi dal sonno. Perche' mi trovo qua? Perche' sono in uno stallo temporaneo piuttosto che sulla via del ritorno, facile ed in discesa? Sono certa di volerlo. Devo proseguire il viaggio.
Allo stesso tempo so bene che il sentiero più veloce non è quello adeguato; ho bisogno di spaziare, passeggiare per i boschi nei dintorni, fare passi nella mia direzione. Solo così potrò pian piano riprendere il cammino, stavolta più lento e delicato, verso la vetta. Occorre circumnavigare più volte la montagna o tracciare uno zigzag immaginario lungo le sue pareti. Tutto affinché il cammino sia più lieve, ovvero percorribile.
Tuttavia, mentre con passi lenti procedo in una direzione inizialmente lontana da te, ho paura di perderti, di non ritrovare la forza per tornare indietro così da poter percorrere lo zig zag prefissato. Partire per la tangente è la cosa più semplice, a volte si perde la strada, non si carpisce dove sia l'angolo della figura geometrica per poi iniziare a proseguire nella direzione opposta ed a quel punto si inizia ad andare dritto... fuori dagli schemi, perdendosi.
Ho paura di non trovare l'angolo, di non tornare, di perderti cercandomi, di perdere noi o qualsiasi cosa potremmo diventare in futuro. E sapere che sarà stato frutto della mia volontà al momento fa solo tanta tristezza.
Giorno uno: Andato. Nessun problema di navigazione al momento, la voglia di prenderti a male parole per quel messaggio ancora non arrivato è forte ma so di non doverlo fare, sicuramente c'è una spiegazione come ogni altra volta. Mi trattengo e cammino...
martedì 29 marzo 2011
Relativismo
due più due non fa quattro
Bianco
Oggi c'è il sole. Un sole stranamente caldo per essere ancora alla fine di un marzo temporalesco. Mi ricorda tante cose, a partire da quell'estate passata insieme, la scorsa estate... così improvvisa, appassionata e scompigliante, così inaspettata da far tremare la terra sotto ai piedi. Come se all'improvviso una navicella ti prelevasse dal tuo luogo sicuro e ti portasse a gran velocità verso una rotta paradisiaca, fino all'atterraggio. Le pareti non son più grigie, i fiori sbocciano, la gente comunica, ci si guarda negli occhi ed infine, a sunto di tutto ciò: non si è più soli. Hai qualcuno accanto quando vai a letto, quando ti alzi, quando prendi la nave per fare il giro delle Eolie, quando cucini, viaggi e persino quando leggi. Credimi, non ero abituata a tutto ciò e tu lo sai. Mi ero tolta la giacca per la prima volta; sentivo freddo. A tratti avrei voluto indossarla di nuovo, mettere un altro straccetto sulla mia pelle, tanto per proteggerla da quel vento. Quel soffio sul corpo faceva uno strano effetto: caldo, freddo, caldo, freddo e così via. Forse ero io a non essere in grado di bilanciare quelle sensazioni esterne con altrettanta sensibilità interiore. Accettare l'altro è fondamentale e purtroppo non solo a livello teorico. Il subconscio è allo stesso tempo luce e oscurità della nostra anima. Un momento ti spinge ad essere te stessa, a confonderti in quel bagliore accecante fino a sfaldare completamente il tuo essere nell'essenza altrui, nell'immediato attimo successivo ti logora con il suo buio cieco ed assoluto. Ma siamo noi a doverlo controllare, in fin dei conti questo io lo so. Sarebbe sicuramente più facile se esso fosse un semplice pensiero: "oggi penso ad altro". Non è così che succede. Il subconscio non è un pensiero, è l'anima stessa che ci da' origine, è quel caos primordiale che miliardi di anni fa scatenò questa incomprensibile vita così incredibilmente folle, contraddittoria ed allo stesso tempo sbalorditiva. La perfezione allo stato puro, nella sua più intima essenza costituita da innumerevoli atomi di disordine.
Mi ricorda un vecchio esperimento, uno di quelli che si fanno alle scuole elementari tanto per introdurre i bambini alla complessità della materia ed a non cedere alla lusinga della mera apparenza: a scomporre le cose e rimontarle per ottenere nuovi panorami. Ogni spicchio di un foglio a forma circolare veniva dipinto di un colore diverso: giallo, rosso, verde, nero, blu e così via. Dopodiché la maestra lo faceva volteare velocemente su sé stesso. Risultato: già lo sapete. Bianco come la purezza, come la perfezione, come la luce formata da infinite particelle di caos. Così deve essere la vita. La difficoltà sta nel non farsi prendere dalla permeante tentazione di focalizzarsi sui segmenti colorati in modo da poter vedere il senso dell'insieme prima che sia finita.
Mi ricorda un vecchio esperimento, uno di quelli che si fanno alle scuole elementari tanto per introdurre i bambini alla complessità della materia ed a non cedere alla lusinga della mera apparenza: a scomporre le cose e rimontarle per ottenere nuovi panorami. Ogni spicchio di un foglio a forma circolare veniva dipinto di un colore diverso: giallo, rosso, verde, nero, blu e così via. Dopodiché la maestra lo faceva volteare velocemente su sé stesso. Risultato: già lo sapete. Bianco come la purezza, come la perfezione, come la luce formata da infinite particelle di caos. Così deve essere la vita. La difficoltà sta nel non farsi prendere dalla permeante tentazione di focalizzarsi sui segmenti colorati in modo da poter vedere il senso dell'insieme prima che sia finita.
domenica 13 marzo 2011
Crederci
Guardo fuori; il cielo è grigio. Di quel grigio argenteo sottile in cui quasi rivedi la tua immagine riflessa, quel grigio che ti rispecchia, che rispecchia il tuo umore, che ti copre e ti protegge da un cielo azzurro nascosto; troppo vasto, troppo puro, al quale ancora non puoi arrivare, al quale forse non arriverai mai. Rimarrai semplicemente lì, immobile, incantato, in quella posizione eroica e solenne con il braccio disteso ed il dito in alto a puntare a non si sa quale stella invisibile, una ben precisa stella sospesa tra tante altre. Una stella che non splende di più, ne di meno. Una stella impropriamente detta “qualsiasi” in un oceano qualunque, perche’ ben poco importano le determinazioni, i nomi, gli epiteti, quando vedi lo splendore e l’incanto di qualcosa di straordinariamente comune. Così rimango io, ferma a puntare al cielo coperto dalle nubi protettrici, cariche di pianto stellare, cariche di accumuli gassosi che come pensieri si spostano: passano, ritornano, si smontano, rinascono, simili ma sempre diversi. Apparentemente uguali, perche’ nessuno vede cosa succede dentro ad una nuvola. La mia giornata è triste, come questo cielo. I ciliegi nel parco che intravedo dalla mia porta finestra sono in fiore e risplendono di quel rosa pallido su una distesa d’argento. Il prato è ancora, come fosse una contraddizione della natura, paradossalmente verde e rigoglioso. Tutto questo non basta a rallegrarmi. Non bastano i fiori rosa del ciliegio, non bastano i diamanti preziosi dei fili d’erba, ne’ la consapevolezza di un cielo dietro alle nubi, nemmeno la perfezione dei cipressi in questo panorama così toscano, ricco di tempo e di poesia.
Ho la consapevolezza di avere perso, ho la consapevolezza di non aver avuto la forza di amarti. Saperti felice lontano da me è al tempo stesso una consolazione ed uno strazio. Vorrei essere io a renderti felice, vorrei poterlo fare davvero, senza pensieri, senza rancori. Eppure questa rabbia che ancora porto in corpo si comporta come una palla al piede o come un bambino capriccioso che trattiene la mamma frettolosa in procinto di andare a fare la spesa. In ogni mio gesto tu la vedi, la senti e questo ci porta ad inutili lunghissime discussioni, questo ci previene dall’essere felici insieme. Lo ammetto, non ci credo più. Vedo solo l’apparenza, l’apparenza che ti fa stare bene via lontano da me, quando esci e fai la tua vita, che non è la mia, lontana dalla mia. E tutte quelle cose che avrei voluto fare cadono in un vortice di tristezza, come una morte consapevole a cui ci si abbandona quando non si hanno più speranze. Vorrei riprenderli, ma non ci riesco, sono troppo ferita, non ho la forza. Mai e poi mai vorrei giornate come queste… quanto vorrei salutarti sempre col sorriso sulle labbra, guardarti e pensare che non esiste uomo che mi renderebbe più felice. Non ce la faccio. La tua indecisione ferisce, la tua “scelta” ferisce, anche se non potessi fare diversamente. Non posso combattere ne’ quel che credo essere giusto, ne’ quel che provo. Sono costretta tra due muri, senza sapere quale dei due dovrei buttare giù, entrambi sembrano infrangibili, ma finche’ non lo faccio potrò solo scorrere in avanti, per sempre intrappolata. Quanto vorrei crederci ancora… peche’ io lo so che potremmo essere felici, che in un qualche altro universo in un’altra situazione lo saremmo stati, che puoi dare tanto, che non sei la persona che ho dipinto per proteggermi, che se 8 anni fa fosse andata diversamente avremmo iniziato in modo migliore, ci saremmo trovati all’istante, senza nemmeno bisogno di parlare o di chiarire. Invece tutto è andato storto, due volte a distanza di così tanti anni. Incomprensioni, ferite, rabbia repressa e conservata in tutto questo tempo… tra di noi ci sono barriere enormi, insormontabili inizio a temere, eppure la parte più intima di me vuole distruggerle. Si dice che volere è potere, ma non ci riesco, inizio a dubitare anche quello. Metà di me stessa vorrebbe solo escluderti dalla mia vita, fuggire via lontano, trovare qualcuno che mi ami con cui essere me stessa senza bisogno di cambiare, di aggiustarsi, di strade per migliorarsi, ma solo per migliorarci. L’altra parte di me sa che probabilmente tutti questi pensieri non sono che frutto di questa rabbia, di una visione che ho creato non potendola avere completa e chiara. Non ho certezze in mano, non ho niente, non so nemmeno più quello che sento, tanto sono confusa. Vorrei che queste due metà di me si dividessero ed evitassero di creare questo miscuglio velenoso che sono diventata. Non faccio che caricarti di colpe, fartele vedere anche quando non ci sono o quando proprio non ne avresti bisogno. E tu, tutte quelle cose che dici sono vere, ma io non sono questa. Non sono la persona che sto mostrando, quella fredda, triste, malinconica e priva di fiducia. Non sono la persona che non dice ti amo. Il problema è che non so se con te riuscirei davvero ad esserlo. A non sentirmi giudicata, a sentirmi voluta ed apprezzata per quel che sono, a fidarmi di te, a sentire che non desidereresti essere da nessun’altra parte del mondo senza di me, che non riesci ad immaginare i tuoi giorni con me lontana, che tutti questi pensieri erano un’assurdità perche’ tu mi hai sempre voluta vicina ed è per questo che non ci siamo mai divisi, nemmeno nei giorni più bui. Allora forse potrei essere me stessa, ma chi ti spingerebbe a sentire tutto questo nei miei confronti? Adesso solo la realtà mi guarda in faccia, una realtà triste in cui non ti rendo felice, in cui rovino le tue giornate, in cui ti tratto come se fossi un mostro. La malinconia, l’amarezza, la tristezza fanno da sfondo alle nostre chiacchierate sempre così ansiose ed in pena come fossimo due condannati a morte che si incolpano a vicenda. Quanto vorrei spazzare tutto via, crederci pienamente e cancellare ogni malinconia, lasciar spazio al pensiero che noi ci siamo, che noi…siamo. Condividere tutto, stare insieme, rimediare alle nostre colpe, dimostrarci ogni giorno quel che sentiamo. Invece tutto ciò mi causa un’enorme paura. Ho paura a stare con te senza maschere ma anche di non stare con te. In parte penso che se ti perdessi dovrei evitarmi tutto questo liberarsi dalle maschere, questo rivelarsi quale noi stessi ed il pensiero spaventosamente mi allieta. Ho paura a mostrarmi come sono, a sentire la mia voce che ti parla, a comunicarti. Ho paura quando mi mandi un messaggio, temo di leggere ancora la tua tristezza e rassegnazione tra le righe. Ho paura di un addio imposto dal pensiero che non riusciamo ad essere sereni, ad essere felici. Ne ho la consapevolezza, non ci riusciamo, dentro di me non ti ho perdonato ma lo voglio fare, voglio andare avanti ed essere felice. Vorrei solo sapere qual è la strada, qual è la strada che ti fa sembrare le tue ferite così piccole, che ti fa correre con le ossa rotte ed i legamenti indolenziti, che non ti fa vedere gli errori dell’altra persona ne’ fa ingrandire il tuo malessere, che invece di farti chiudere ti apre ancora di più fino a mostrare anche l’anima, perche’ ci credi, perche’ stare con quella persona vale più di ogni altra cosa al mondo, di ogni ferita infliggibile, di ogni sofferenza durante la corsa. Vorrei tanto trovare quella strada, ma temo di non riuscirci, temo di avere già perso, più di tutto temo che anche lui tra poco potrebbe rassegnarsi allo stesso pensiero.. Ho paura di non riuscire più a credere a niente, perche’ in fondo è questo che sono: una persona che non sa credere, che non crede, tantomeno a quello che vorrebbe credere, nemmeno quando quella scommessa vale tutta la sua vita. E un fiorellino si stacca di ciliegi color rosa antico. Da lontano lo guardo e spero tanto di non dover fare la sua fine, spero per noi di non appassirci, di non piegarci a questo vento, di rimanere attaccati al ramo che siamo noi, di essere sempre più forti e di poter splendere in un bel giorno di primavera che non tarderà ad arrivare, sotto un cielo azzurro ed un sole caldo e che così possa essere finche’ il tempo sarà con noi e continuerà a scorrere, per tutte le stagioni di tutti gli anni che ci saranno. Lo spero, e con questa speranza è ancora più triste constatare che non riesco a crederci, non riesco a credere nelle cose belle, a quelle per cui vale la pena vivere. Spero solo che esista una salvezza, da qualche parte, in qualche nube, fiore di ciliegio, filo d’erba o forse nel cielo azzurro. Ho bisogno di credere.
giovedì 3 marzo 2011
Rassegnazione
Al momento sento solo che non è possibile, non ce la faccio. Mi concentrerò sui piccoli passi, su me stessa, sulla rabbia che provo dentro e che mi ferisce il cuore. Speriamo che domani sia un giorno migliore. Una doppia buonanotte, per la notte fuori e per la notte dentro.
Passante misterioso
Non so se ho ancora la forza di lottare. Non so cosa significhi questa rabbia dentro, semplicemente non riesco a capirlo. Per quanto assurdo sia mi trovo incatenata sull'asfalto di una strada diretta ad una meta precisa, una strada sulla quale avevo deciso di correre, di non tornare indietro, anche se mi fossi scontrata contro un masso. Non si torna indietro. Deve essere questo che ho pensato quando mi sono chinata fino a rimanere immobile, pietrificata su quella via così luminosa e ricca di speranze. Mano a mano che i miei dubbi crescevano, delle piccole catene sono spuntate dal cemento e strisciando mi si sono attorcigliate attorno alle caviglie, come vili serpenti. Adesso sono qua, ho pensato di poter muovere qualche passo, probabilmente l'ho fatto anche se non te ne sei accorto. Ma mi trovo sempre su questa lunga strada della quale non si intravede la fine ne' i contorni, così nebbiosi sfumati e solitari. Deserto. Vedo un'unica direzione, ma sono ferma. Non passa nessuno, non ci sei nemmeno tu. Vorrei tanto alzarmi e correre, ma non sono sicura che sia quel che voglio realmente. Ho davvero la forza di alzarmi e correre verso la meta? Cos'è questa rabbia in corpo che mi ha paralizzato? Come capirlo? Troppe domande che mi tengono ancorata al terreno, troppi dubbi, nessuna risposta. Quanto vorrei che un passante qualsiasi mi illustrasse la via, che mi liberasse da queste catene!
"Tagliami queste catene ti prego, fammi alzare". Non so cosa diresti, probabilmente staresti lì sul margine a chiedermi se lo voglio davvero, sei una persona riflessiva, non avventata. Ma io non saprei risponderti ed allora immagino che butteresti via le cesoie e con esse la mia speranza di un taglio netto a quei nodi di ferro. "cosa fai??" ti chiederei io.
<<Non andresti molto lontano comunque, non sono le catene a tenerti a terra>>
Allora guarderei i miei piedi, dannazione, hai ragione, sono troppo piccole per non essere strappate dalla forza di uno slancio.
<<Dimmi, allora come posso alzarmi?>> Ti supplicherei di dirmi
<<Trovando la forza di compiere quello slancio>>
<<E come devo fare? Aiutami ti prego non riesco a capirlo!>> In quel momento desidererei che tu mi tirassi per la mano, che mi facessi alzare attraverso la tua forza sperimentata nel tempo, proveniente da dentro di te. La forza allo stato più puro: quella dell'anima. Ma non puoi farlo tu, lo so. Vorrei solo che tu mi stessi accanto, che mi parlassi, non lasciarmi sola, forse non sarò sola alla fine della strada ma sicuramente lo sono adesso. <<Rimani e parlami>> mormorerei.
<<Questo...questo lo posso fare>> Parole nate dal cuore, un vero gesto di umanità, solidarietà, che non da' soluzioni ma di certo allevia le pene.
"Tagliami queste catene ti prego, fammi alzare". Non so cosa diresti, probabilmente staresti lì sul margine a chiedermi se lo voglio davvero, sei una persona riflessiva, non avventata. Ma io non saprei risponderti ed allora immagino che butteresti via le cesoie e con esse la mia speranza di un taglio netto a quei nodi di ferro. "cosa fai??" ti chiederei io.
<<Non andresti molto lontano comunque, non sono le catene a tenerti a terra>>
Allora guarderei i miei piedi, dannazione, hai ragione, sono troppo piccole per non essere strappate dalla forza di uno slancio.
<<Dimmi, allora come posso alzarmi?>> Ti supplicherei di dirmi
<<Trovando la forza di compiere quello slancio>>
<<E come devo fare? Aiutami ti prego non riesco a capirlo!>> In quel momento desidererei che tu mi tirassi per la mano, che mi facessi alzare attraverso la tua forza sperimentata nel tempo, proveniente da dentro di te. La forza allo stato più puro: quella dell'anima. Ma non puoi farlo tu, lo so. Vorrei solo che tu mi stessi accanto, che mi parlassi, non lasciarmi sola, forse non sarò sola alla fine della strada ma sicuramente lo sono adesso. <<Rimani e parlami>> mormorerei.
<<Questo...questo lo posso fare>> Parole nate dal cuore, un vero gesto di umanità, solidarietà, che non da' soluzioni ma di certo allevia le pene.
Questioni di scelte
Scelte. A volte lo dimentichiamo, ma la nostra vita ne è piena. E' una scelta decidere di alzarsi la mattina, come lo è se fare colazione e persino cosa mangiare. Un caffè al volo, una fetta di pane e marmellata comodamente seduti in casa, ogni cosa è una scelta. Può darsi che certe condizioni o eventi esterni ci portino a credere di non avere più di un'opzione ma spesso siamo tratti in inganno da un semplice sovvertimento della linearità quotidiana per cui certe strade sembrano date ed altre meno. In realtà è solo uno sconsigliare di prendere la via più ardua e curvosa, nient'altro che un dettame della nostra società moderna.
L'uomo si è sviluppato in diverse direzioni seguendo l'utilità di massa, facilitando perciò certi impieghi di energie, tempo, denaro. Ad oggi sembra assai più semplice effettuare un bonifico online ed acquistare un libro su internet piuttosto che recarsi alla libreria più vicina. Ma non è anche questa una scelta? Difficilmente le cose ci vengono imposte, al contrario, molto più facilmente, ci piace crederlo dando per dato il caso corollato dalla probabilità che tale evento ci sia più favorevole.
Troppe volte ci capita di pensare che le persone che ci ritroviamo accanto siano anch'esse dei "dati", delle variabili immutabili o quantomeno scarsamente movibili. Niente di peggiore. In un mondo pieno di scelte, opportunità, tesori da scoprire, doppifondi di cassaforti inpolverate e talvolta nascoste. L'uomo deve aprire, scoprire, spolverare, riorganizzare e, nel caso, procedere nella ricerca anche a costo di non trovare niente. Perche' è questo che comporta la scelta, altrimenti il mondo non sarebbe altro che un intreccio di complicate operazioni matematiche; funzioni intransigenti motore e collante di un mondo schematico e sempre uguale. Come in un parco, all'aria aperta, anche nella nostra quotidianeità è possibile scegliere a chi sedersi accanto. Deploriamo chi lo fa un po' per caso, un po' per stanchezza d'animo o per avversione al rischio e alla ricerca. Guardiamo il nostro vicino, la nostra casa, la nostra scrivania ed il nostro abbigliamento e mai più niente sarà per caso se non anche il caso stesso, in quanto costituente di un'ulteriore possibilità di scelta. Quando considereremo dato ciò che è di natura variabile per meglio confarsi al nostro benessere spirituale arriveremo ad esserne privi. La vita è una scelta, amare nasce da una scelta, andare oltre quando necessario anche.
L'uomo si è sviluppato in diverse direzioni seguendo l'utilità di massa, facilitando perciò certi impieghi di energie, tempo, denaro. Ad oggi sembra assai più semplice effettuare un bonifico online ed acquistare un libro su internet piuttosto che recarsi alla libreria più vicina. Ma non è anche questa una scelta? Difficilmente le cose ci vengono imposte, al contrario, molto più facilmente, ci piace crederlo dando per dato il caso corollato dalla probabilità che tale evento ci sia più favorevole.
Troppe volte ci capita di pensare che le persone che ci ritroviamo accanto siano anch'esse dei "dati", delle variabili immutabili o quantomeno scarsamente movibili. Niente di peggiore. In un mondo pieno di scelte, opportunità, tesori da scoprire, doppifondi di cassaforti inpolverate e talvolta nascoste. L'uomo deve aprire, scoprire, spolverare, riorganizzare e, nel caso, procedere nella ricerca anche a costo di non trovare niente. Perche' è questo che comporta la scelta, altrimenti il mondo non sarebbe altro che un intreccio di complicate operazioni matematiche; funzioni intransigenti motore e collante di un mondo schematico e sempre uguale. Come in un parco, all'aria aperta, anche nella nostra quotidianeità è possibile scegliere a chi sedersi accanto. Deploriamo chi lo fa un po' per caso, un po' per stanchezza d'animo o per avversione al rischio e alla ricerca. Guardiamo il nostro vicino, la nostra casa, la nostra scrivania ed il nostro abbigliamento e mai più niente sarà per caso se non anche il caso stesso, in quanto costituente di un'ulteriore possibilità di scelta. Quando considereremo dato ciò che è di natura variabile per meglio confarsi al nostro benessere spirituale arriveremo ad esserne privi. La vita è una scelta, amare nasce da una scelta, andare oltre quando necessario anche.
Iscriviti a:
Commenti (Atom)