Are really differences what keeps us together, what prevents us from falling apart? Or are they meant to avoid our mutual understanding laying the foundations for an unavoidable separation? I'm not sure of that. I guess all we have to do is follow our feelings, they'll probably drive uS toward what we need, whether that is something more "like us" or not. I believe i couldn't be with someone who's exactly like me. He would tend to escape, to be untrustworthy, unreliable, so offish! I couldn't stand being next to someone like that. I myself tend to run away every single time that something goes wrong.
But still there's something about this guy... I've hardly ever spoken to him, but there's something that intrigues me, i can clearly see something of myself in his eyes... the way he talks, writes and his lifestyle... just like me he's also trying to escape from himself... to get lost, experiment life, understand people. His searching for his bliss in life's pleasures and in what this poor society of ours has to offer. He's a thinker, just like me. I'd want him to disappear from my life. This is just too tempting. It's like i have to see what's between us or why i'm so attracted to him. I hope I'll never find out.
What I'm really doing instead is spending my current time with someone who belongs to a different world, someone who's there 24/7, who believes in family values as well as in cinicism and social issues.
I think at some point there's something that counts more than chemistry: there's life. There's a rational part that has to take over us when we risk screwing up. There's sharing your time with someone who loves you almost more than himself, someone you can rely on when your chemistry is gone, or youth, or when you're going through a hard time.
That chemistry can't provide...
We should stop looking for the best and start looking for what's best for us.
A way to Happiness
mercoledì 15 giugno 2011
Matter of love
I came to thinking that it's always a matter of love. But what sort of love are we talking about? Indeed we love people, but how do we love them? Are there many ways of loving someone or just one? After hours i came to a conclusion. I love him, I love him like I love someone I've spent all of my life with, but i'm not sure i love him like someone I want to spend the rest of my life with. This is a slight and essential difference. And how do we understand if the first kind of love can turn into the second one? When do you understand if the person you've spent all of your life with can also be the person you actually want to spend all of your years ahead with? Probably you shouldn't even doubt it or ask yourself anything about it. Maybe you just feel it. Maybe you get this vibe you couldn't spend it next to anyone else. I'm not sure which one is the right answer, I'm not even sure if there's a right answer.
Think about it.
Think about it.
domenica 5 giugno 2011
Guerra e Pace
Nel buio naturale di una giornata ingrigita penso. Forse sono le nubi che racchiudono i nostri pensieri evitando la normale dispersione che altrimenti avverrebbe. Mettiamo un tappo all’anima: niente stelle, niente azzurro, solo un tappo prossimo e grigio a racchiudere noi stessi su questo molle terriccio estivo.
Non è mai facile. E’ questo quel che penso mentre cerco ancora di riconnettere le parole al pensiero che, come fili di rame in un cavo elettrico, stentano a stare congiunti.
Non lo è mai. I sentimenti, la fedeltà, l’amicizia, l’amore. Niente di tutto questo è mai facile. Forse a volte si incorre nel pensiero che lo sia: “è finita: non c’era più amore”. Invece no, a volte finisce sulla base di un’errata concezione di esso. Ci si aspetta che tutto ci sia dovuto, in realtà niente lo è. Perverso lusso dei tempi moderni in cui raramente si deve ancora lottare per qualcosa. L’amore non è facile, è una guerra continua in cui ci si prende cura allo stesso tempo dell’avversario e dell’alleato. Un’incessante battaglia a suon di spade, tregue ed armistizi. Infinite trame di una pace perenne e duratura. Amare non basta, non basta mai. A volte ci scordiamo di farlo e continuiamo per la nostra strada, abbandoniamo le redini del nostro cavallo e viaggiamo in cerca di un passaggio. Come dice quel film di quel geniale regista: amare è soffrire, ma anche non amare è soffrire. I sentimenti talvolta rimangono chiusi in una gabbia dalla quale vengono intimati a non uscire. E’ così che si fa e poi si svolta. Quanto a lungo rimarranno intrappolati? Forse non abbastanza. C’è sempre un elemento scatenante che libera le nostre repressioni: un’onda alta ed indomabile che ci stende a terra su un bagnasciuga non frequentato o semplicemente battuto dall’abitudine di esistere.
Pensavo fosse semplice, invece no. Lo testimoniano i tanti che affermano la loro voglia di girare pagina al sol pensiero di un evento passato. Di nuovo tentiamo di proteggerci, è quel che si fa per esistere, non certo per vivere. Eppure si cerca di guardare avanti, di esserci, di spingere anche quando l’altro crolla; di mostrarci incoerentemente sicuri, vicini, di supporto, anche quando è la cosa più lontana dal nostro essere del momento.
Non sono brava, non lo sono abbastanza. Fino ad adesso mi sono solo fatta sostenere, perché l’abbia continuato a fare è un mistero, o forse no. Chiusa nei miei problemi solo adesso comprendo che devono avere vita breve, devono rimanere confinati in me stessa, non posso più riversarli all’esterno, non sono più mutabili, sono dati, fissi e costanti, fortunatamente anche passati. C’è sempre qualcosa che va storto, così mi siedo, aspetto e poi continuo il cammino su quella strada in cui ora sto finalmente bene, in cui non sono arrivata ma ho qualcuno a fianco e non è detto che si debba arrivare. Forse non c’è un arrivo.
E davvero non capisco il “non vedo perché dovrei accontentarmi”. L’amore è troppo nobile per essere paragonato ad una monetina da gettare in aria. Non si lascia una strada dissestata per trovarne una più pianeggiante, non si sa mai, non lo si sa davvero. La strada non si abbandona fino a non aver battuto il terreno con tutte le nostre forze, ricalcando quelle zolle all’interno della terra a cui appartengono. Forse non sarà mai pianeggiante, ma sicuramente degna di essere percorsa, perché su questo cammino conta anche la fedeltà e finché c’è amore (di quello vero, non autoindotto) c’è un cammino. A volte non c’è anche se l’amore rimane, ma questa è un’altra storia in cui l’amore implode per amore stesso, affinché l’altro possa essere felice. A volte si spegne, si evolve, cambia e non in linea con noi stessi. Così ci ritroveremo con un amore antico nelle mani, privo di fiamme, sbagliato nel tempo, non alla sua origine. Forse è un bene mettere l’amore alla prova, giusto per capire quanto è resistente, quanto l’allontanarsi ci riavvicini. E io mi domando come dopo un anno travagliato pieno di battaglie, guerre e nessun armistizio, si possa giungere stremati alla pace, a pulire le macerie lasciate, lucidare i rottami e curarsi le ferite di guerra. Mi domando se quei ricordi atroci possano mai andare via, sparire dalla mia mente troppo giovane per questa battaglia. Eppure alla fine mi rispondo che se si è lottato così tanto, lo si è pur fatto per qualcosa. Per godere della pace, conquistare quella libertà e quel terreno che ci mancava, piantare le nostre bandiere e garantirci un futuro migliore. E come alla fine di ogni guerra si raccolgono i cimeli e si chiudono all’interno di un museo. Il passato è esistito affinché giungessimo al presente, le tracce rimangono stipate nel forziere della memoria. Portarle fuori è pura vanificazione della conquista. Fuori non rimane che la pace ed un futuro migliore, anche se a volte si commemora, affinché si sia consci del valore, non del disvalore dell’oggi.
mercoledì 1 giugno 2011
Back on the road?
Si sente rumore. Un rumore che parla mille voci, ognuna delle quali dice un qualcosa di diverso, ma allo stesso tempo coerente.
Frasi estemporanee gettate all'aria di questa stanza come bollicine di ossigeno nel mare, perché forse è proprio questo quello che mancava intorno a me: ossigeno. Piena di anidride carbonica mi ostinavo ad ansimare nella luce offuscata di una lampada rovesciata su un comodino adiacente ad un letto lasciato sfatto e vuoto da troppo tempo. E addenti quel che puoi, dai quel che vuoi, fino a non dare più niente, fino a voler credere di non aver mai ricevuto niente. La rabbia è uno scudo, il dolore una necessità. A volte temo che un essere umano abbia più bisogno del dolore che non della felicità. Rassicurante il primo, lusinghiera e imprevedibile la seconda. La felicità richiede coraggio, la tristezza nella sua semplicità abbisogna solo di un animo indebolito, facile da trovare. Eppure c'è, c'è per chi la vuole, c'è perché il mondo è grande, c'è perché questa giostra finché siamo in piedi non smette di girare. Ad ogni giro un nuovo volto, una nuova opportunità ed alle volte si gira in due.
In questo luna park l'errore più grande è perdere sé stessi. La nostra assenza ci getta nelle braccia del caso, delle fortuità e ci toglie ogni capacità di sentire, osservare, tradurci ed interpretarci. Così giungiamo a perdere persino ciò che più di ogni altra cosa ci appartiene: le sensazioni. E spesso si sbaglia, si abbandona una strada, si tenta di mettere una transenna perenne a bloccare quell'unica via di ritorno. La verità è che la via del ritorno non è una sola e quando siamo fortunati è la via stessa a non abbandonarci, a pretendere un ritorno, persino contro la nostra volontà. Quanto sappiamo essere stupidi... pensare di non avere più niente per paura di perdere tutto, ritrovarsi con un nonnulla in tasca quando più di ogni altra cosa vorremmo riempirla. Ma eccomi di ritorno, tra sassolini, pietre, sabbia nelle scarpe, ma un orizzonte più chiaro e imminente.
martedì 17 maggio 2011
Parole
E cosa ci fa tutta questa gente intorno a me? "Fa la mia vita, fa la tua vita" Rispondeva qualcuno cantando ed è proprio vero. Esimersi dal giudicare può essere davvero arduo, ma con che sfacciataggine non lo si fa? Chi ci da' l'insano coraggio di interferire nelle vite altrui? Per quale motivo giudicare?
L'interesse è senz'altro l'ultimo di quelli plausibili. E allora vorrei essere su un'isola deserta, o ancora meglio in un mondo fatto di note di silenzio e di ombre in lontananza. Vorrei osservare, dalla posizione in cui siedo, ogni singola macchia scura che mi si aggira intorno, senza interloquirci, senza parole. Perché le parole sono inutili, superflue, false. Non esiste parola che sia sincera fino in fondo, tantomeno queste. Una volta lasciate andare riescono a fare più danni di qualsiasi marchingegno esplosivo. Le parole ci distolgono dai fatti, raramente ce li fanno notare. Le parole non sono espressione dell'anima, ma una mera putrefazione di essa, una sorta di insaccato di sensazioni diverse codificate nell'unico segnale riconoscibile. Ventuno lettere componibili in innumerevoli parole parti di innumerevoli combinazioni e non riusciamo a fare niente di meglio? Ciò che viene sentito raramente può esser declassato in una serie di suoni più o meno armonici, è troppo difficile. Al contrario emetterli è troppo facile. Al riguardo siamo come bestie rabbiose che abbaiano guaiti disconnessi e sgraziati. Ed il pensiero... non è altro che un bambino che cerca di comprendere le parole dei grandi... il pensiero ci inganna in buona fede, perché non capisce, le parole, al contrario, in malafede, perché pretendono un significato. Cercare di capire è inutile. Giudicare è inutile. Parlare anche. Vorrei solo togliere il volume, come se la realtà stesse nel silenzio, nell'irriproducibile quiete di un tempo che scorre tra le nostre inconsapevoli mani di bambini.
L'interesse è senz'altro l'ultimo di quelli plausibili. E allora vorrei essere su un'isola deserta, o ancora meglio in un mondo fatto di note di silenzio e di ombre in lontananza. Vorrei osservare, dalla posizione in cui siedo, ogni singola macchia scura che mi si aggira intorno, senza interloquirci, senza parole. Perché le parole sono inutili, superflue, false. Non esiste parola che sia sincera fino in fondo, tantomeno queste. Una volta lasciate andare riescono a fare più danni di qualsiasi marchingegno esplosivo. Le parole ci distolgono dai fatti, raramente ce li fanno notare. Le parole non sono espressione dell'anima, ma una mera putrefazione di essa, una sorta di insaccato di sensazioni diverse codificate nell'unico segnale riconoscibile. Ventuno lettere componibili in innumerevoli parole parti di innumerevoli combinazioni e non riusciamo a fare niente di meglio? Ciò che viene sentito raramente può esser declassato in una serie di suoni più o meno armonici, è troppo difficile. Al contrario emetterli è troppo facile. Al riguardo siamo come bestie rabbiose che abbaiano guaiti disconnessi e sgraziati. Ed il pensiero... non è altro che un bambino che cerca di comprendere le parole dei grandi... il pensiero ci inganna in buona fede, perché non capisce, le parole, al contrario, in malafede, perché pretendono un significato. Cercare di capire è inutile. Giudicare è inutile. Parlare anche. Vorrei solo togliere il volume, come se la realtà stesse nel silenzio, nell'irriproducibile quiete di un tempo che scorre tra le nostre inconsapevoli mani di bambini.
mercoledì 11 maggio 2011
Missing something
Mi sfugge qualcosa...
Strana sensazione
Riflettevo… e mi accorgo di non capire. Quando non si capisce qualcosa il modo migliore per decifrarlo è scrivere, o almeno penso. Non si tratta di un puzzle da ricomporre, sarebbe troppo semplice avere già tutti i pezzi sul tavolo. No, qua si tratta di produrre un disegno complesso formato da tante linee continue e attorcigliate su sé stesse. Forse quel che si ottiene alla fine è un disegno, forse invece il segreto sta solo nel far combaciare le linee e godere di quel dipinto astratto che segna la via della nostra vita.
La mia linea è spezzata, non riesco a trovare quel pezzo… non riesco disegnarlo; innanzitutto non so cosa dovrei tracciare: una curva? Una linea spezzata? Una retta?
Perché tornare è così spaventoso? Anche solo l’idea mi terrorizza. Nel deserto in fondo si sta bene, si vaga di oasi in oasi, ci si abitua alla temperatura della sabbia rovente, agli sbalzi del sole che tramonta e risale e alle rare presenze che ci circondano. Tutto sembra così rassicurante. Si stabiliscono contatti con il cielo, si impara a riconoscere il volo degli uccelli, apparentemente uguale ma sempre diverso. Si guarda alle sfumature, notando enormi differenze in trame regolari e consuete.
L’assenza di una strada può dare un’idea di libertà difficile da abbandonare, o forse è l’idea di non doverci scontrare con i sassolini disseminati sull'asfalto dissestato ad attrarci e trattenerci nella sabbia?
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