venerdì 8 aprile 2011

Cancer

Ansia, il mio essere che si agita e urla, "fa che sia un sogno, fa che sia un sogno!".
"No è tutto vero, sono stata veramente dal dottore, è successo davvero" Rispondeva il mio subonscio di riflesso.
Una lotta tra l'io ed io super io si è scatenata stanotte. Uno voleva uscire dal sogno, l'altro continuava a forzarcelo dentro con la rabbia di colui che di fretta tenta di chiudere una valigia prima della partenza.
Cancro. Mi avevano trovato il cancro. Perché? A prescindere dal fatto che non è normale fare questi sogni ma perché proprio il cancro e non una qualsiasi altra malattia mortale? Forse non dovrei, ma ci rifletto.
Il cancro ti mangia dall'interno, ce l'hai dentro e non lo vedi, è il tuo corpo che ti annienta da dove non puoi fermarlo. Come se tutto ad un tratto stessi cercando di dirmi "l'unico modo per salvarti è annientarti". E probabilmente è così davvero.
Tanto per dirla alla Gaber:

"Forse è più facile vivere con gli assassini fuori, visibili, riconoscibili, che ti sparano addosso dalle strade, dalle cattedrali, dalle finestre delle caserme, dai palazzi reali, dai balconi col tricolore.
Assassini che in qualche modo puoi combattere, sai cosa fanno, li vedi e prima o poi si possono ammazzare.
Assassini vecchi, superati, cialtroni che non sono mai riusciti a cambiare nessuno, a cambiarlo dal di dentro. Prevedibili e schematici anche nella cattiveria, come le bestie bionde, come le bestie nere che ti possono togliere la libertà, mai le tue idee, come quegli ingenui e patetici esemplari che esistono ancora oggi, ma non contano, sono un diversivo, un fatto di folklore, una mazurka.
Ma l'assassino dentro è come un'iniezione, non la puoi fermare e non risparmia nessuno, nessuno sfugge alla scadenza."

Ma ciò che più mi spaventava era la serie di avvenimenti scatenatasi dopo la terribile notizia. "Non si può fare più niente, le metastasi sono ovunque"
"Dai non ti preoccupare, avrai ancora un buon annetto"
"Ah, mi dispiace"
Solo una persona piangeva, ed eri tu.
Ti chiamavo, ti mostravo la lastra, hai capito tutto ed all'istante.
"No, no, no..." Dicevi dispiaciuto ed eri l'unico.

Nel frattempo strani intrecci di eventi prendevano campo. E' divertente pensare quanto il sogno abbia rispecchiato la realtà. La soluzione era la stessa, quella che ho sempre adoperato: prendere e partire. Così mi ritrovavo ad Amsterdam, nell'indifferenza generale. Il pensiero che la gente mi sia indifferente quasi mi allieta, facendomi percepire la (insostenibile) leggerezza di questo mio essere. Tutto ruota, tutto continua a ruotare, con o senza di noi. Così, mentre pensavo al fatto che non sarei mai potuta invecchiare, che non avrei mai raggiunto i miei obiettivi, che avevo perso il senso di ogni cosa, mi sono svegliata, in preda al panico.

Conclusione numero 1:
Per essere felici il senso delle cose va trovato nel presente, non in un futuro alquanto altalenante.

Conclusione numero 2:
Mi sono sentita in colpa verso di te. Sto iniziando a pensare di esser stata troppo dura nei miei sentimenti, nelle mie reazioni, pensieri, comportamenti. In fondo devo ammattere che ci tieni... e, malgrado tutto, è una cosa rara.

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