martedì 26 aprile 2011

Along the way

Ed in fondo sono felice mentre cammino. Sono felice adesso: qui ed ora. Sono felice di essermi rialzata e di essermi persa nell'immensità del deserto, di aver avuto la forza di svoltare anche quando non vedevo una meta, ma sapevo che forse c'era.
Il deserto è troppo grande per non avere stazioni d'arrivo.

Ho iniziato a sperare, a perdermi, a seguire le mie orme inizialmente suggerite dal vento, sospinte dalla sabbia.
E' stata dura, il primo pensiero è stato quello di essere spaesata, di non tornare, di perdere tutto:

"Sabbia ovunque, vento, miraggi: ci sarà qualcosa di vero?"

Così pensavo, ma nel frattempo ho avuto il coraggio di proseguire, per la prima volta ho avuto fede; una fede strana, fatta di realtà e di incognite. Per la prima volta ho imparato a dirmi "non lo so". Perché anche la vita è grande, possiamo guardare l'orizzonte, ma non sappiamo cosa nasconde, a volte sembra tutto così chiaro, a volte offuscato, non sappiamo perché non possiamo sapere, l'unico mezzo di conoscenza è continuare a camminare, quando nessuno sa qual è la direzione giusta, nemmeno noi stessi.

Per questo sono felice, felice di aver iniziato a far ciò che mi rende realmente felice.
Sono felice perché sono triste, perché non esiste tristezza senza felicità.
La felicità è un fiore di un colore indecifrabile; è felice solo chi è disposto ad esserlo, chi rischia, chi non calcola, chi nemmeno pensa. E' una rosa di un colore strano, ma di un profumo divino... una volta imparata a conoscere non importa in quale giardino sia, si è in grado di riconoscerla tra mille altri fiori, ma bisogna accettarne l'assenza, un'assenza che fa male.
Fa male quando ripensi al suo profumo, alla tenerezza dei petali, la delicatezza della corolla, la sensazione data dai suoi caldi colori... fa male quando affacciandoti sul cortile noti la sua assenza e non te la spieghi. Una rosa così bella non c'è più.
Ancora più male fa non riuscire a vederla, scambiarla per altri fiori di campagna, con tutta la dignità che li contraddistingue. Triste non è colui che non la vede più, ma chi non ha voluto vederla per paura di notare la sua assenza, chi non ha scalato le montagne per cercarla, chi non si è ascoltato, perché forse in fondo la felicità è molti fiori, ognuno singolo e destinato ad un'unica persona su questa terra.
O forse mi sbaglio.
Nel mio giardino quel fiore non lo so più trovare... ogni mattina mi affaccio, ogni mattina un diverso abbaglio, poi la realtà: non c'è. Eppure sento la sua presenza, la percepisco, come se irrazionalmente sperassi in una sua materializzazione nel vaso più bello, là meticolosamente preparato per lui. Forse felicità è anche continuare a sentire, nonostante l'assenza, che quel fiore esiste. Forse l'errore è identificarlo con qualcosa di concreto. Ma sì, a volte basta anche il pensiero...

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