sabato 2 aprile 2011

Incontro


Tante volte mi chiedo: e se mi incontrassi? Come sarei? Mi riconoscerei in quella estranea figura dinanzi a me o lascerei scivolar via quell'incontro tra mille altri volti quotidiani di passanti?
Esiste un modo per riconoscersi? Riconoscersi in altre persone, riconoscersi in noi stessi. La prima cosa che deve essere indispensabile affinche' ciò accada è avere piena coscienza del nostro essere, puro, intonso e terso da macchie di passato o riflessi condizionati che ci offuscano la mente deviando parte della nostra vera identità, distogliendola, attorcigliandola, portandola lontano dalla sua essenza. Malgrado questa sia il passaggio più difficile, una volta conquistata questa ardua tappa, come sarei in grado di riconoscermi?
Mi piacerei? O sarei solo un'altra sbeffeggiante e vacua figura che parla per poter rilasciare spore di sé nell'aria circostante?
Basterebbe guardarmi? Non credo.
Eppure gli occhi dicono molto, tristi ed allo stesso tempo ancora aperti sul mondo, coscienti di quel che è stato, vagamente veggenti su quel che sarà, sempre in potenziale errore, come forse nel giusto.
Mi incontrerei su un autobus, nel mezzo ad una strada trafficata, in una biblioteca o chissà dove altro ancora.
Supponiamo di essere su un treno. Destinazione: lontano.
So perche' sono lì, per lo stesso motivo per cui Lei c'è. Vogliamo andarcene, scappare, essere intere ed intangibili lontano da tutto, sole con la nostra presenza a farci compagnia, i nostri pensieri, le nostre ambizioni e la nostra filosofia di vita così arcana, folle e misteriosa: fluttuante. Fluttuerebbe tra i sensi della gente, tra lo scopo di ogni persona, i destini della folla, troppo comune, troppo ordinaria, esageratamente sentimentale. Così prenderemmo un po' da ciascuno, senza mai permettere a nessuno di relegarci in un contenitore etichettato destinato ad impolverirsi, ad essere dimenticato poiché non esistendo già la sua natura è quella di non essere pensato e ciò che non viene pensato difficilmente può essere dimenticato. 
Prenderei un sedile vicino a lei; non troppo vicino, non troppo distante: è sempre bene non isolarsi del tutto dal resto del mondo: vicino per non dimenticarsi che si vive, lontano per poter vivere. La osserverei tra il velluto blu dei sedili rinnovati ed un prato verde stanco che le fa da sfondo a quel crine di capelli che invadono l'ampio finestrino, quasi per respirare l'aria esterna, pensando che possa essere più fresca, più pulita, come la salvezza.
Continua

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