Così mi ritrovo ancora una volta a casa, dinanzi a quel grande specchio che copre tutta la mia figura e ben oltre. Mi osservo. Capelli spettinati, raccolti in malo modo all’interno di uno stretto fiocco bianco e stropicciato. Faccia pulita, occhi stanchi. Guardo i miei vestiti, il mio abbigliamento frettoloso, forse un vano tentativo verso uno stile comodo e sportivo; ancora non riesco a realizzare quanto la comodità sia lontana dai miei canoni, dal mio vivere la vita e le giornate sempre troppo brevi.
Avrei voluto davvero essere avvolta da un morbido panno leggero, adatto ad una sera primaverile come quella appena passata. 17 gradi: non male. Mi guardo negli occhi mentre tolgo distrattamente la sciarpa fine dal mio collo, rimasto nudo dopo il rapido gesto. Chissà come sarebbe andata con te. In uno sguardo fugace dato a me stessa fioriscono mille interrogativi; il languore dei miei occhi non pone risposta a quelle insistenti domande. In un baleno riesco a sentirmi tutt’una con la mia immagine riflessa, come un cane solitario che tenta di trovare conforto nello specchio di una pozzanghera.
Guardo quella figura, lei mi guarda.
Io domando, lei non risponde.
Tutto è più facile quando ci vediamo da dentro, le domande scorrono veloci, i ragionamenti fioccano ed in un attimo trovi mille strade, mille possibili spiegazioni. Ma quanto ti guardi negli occhi la verità soprassiede ai ragionamenti, agli artificiosi perché. Non si tratta di una verità assoluta, ma della veridicità dei sentimenti, dei sensi.
Come possiamo noi umani risponderci usando solo la mente se essa non è che la sintesi dei sensi che nel suo processare si scorda delle parti componitrici della somma? Quando i nostri occhi si incrociano mille verità sono rivelate: la menzogna svanisce. Come un mago a cui nell'intento di un prestigio fuoriesca ogni singola carta truccata dal fasullo mazzo di inganni, noi rimaniamo immobili, con in mano nient’altro che le effettive possibili risposte. Niente giustificazioni, niente illusioni.
E io mi domando perché è lentamente finita, perche’ non sono stata in grado di resistere, perché quel minuscolo pensiero stia prendendo sempre più campo e sia sempre più costante. Abbiamo visto male sin dall’inizio o la sofferenza nel tempo ci ha inesorabilmente logorato?
Ricordo ancora settembre, eravamo ancora così vivi, così noi, nonostante tutto. Ricordo un novembre nero ricco di temporali dove, pur tuttavia, eravamo noi a comandare la nave in tempesta. “Vira, reggi il timone, ammaina le vele”. Ce l’abbiamo messa veramente tutta per tornare a tempi tranquilli come il gennaio trascorso. Poi la lenta morte dell’anima. Tu lo paragonavi ad un cielo che si schiariva, ma io ero una persona che si perdeva nel mare della tua indecisione, nell’oceano dei miei perché. E nell’immobilità generale mi sono persa. Persa fino a non riuscire più a parlarti, a crederci, ma solo a sperare.
Sono stati mesi difficili questi ultimi ed io non ce l’ho fatta. Mi trovo qui, a terra, stremata. Non ho più la forza di reagire ma solo quella di mettere in dubbio ogni passo. Mi sono rimessa in piedi dalla ormai stabile posa mantenuta lungo quella interminabile strada senza contorni, ma mi sono voltata. Ho visto il mondo in maniera oggettiva, poi una macchina mi ha travolto e mi sono svegliata nuovamente a terra, senza sapere più qual era il lato che stavo percorrendo. Tutto è così uguale, così sterminato! Nell’urto ho però ritrovato un po’ di me stessa; non so dove andare ma so di non poter correre verso di te, non più. Mi sono persa, mi hai persa. Non riesco a perdonare quel che fai, fosse pure in buona fede, come credo sia.
Ho perso la volontà di correre, di spiegare le vele e partire in rotta verso il futuro con te. Questo pensiero mi attanaglia ogni volta che ti guardo o che ti sono vicina. Lentamente devo iniziare a camminare, varcare i confini di questa strada ed esplorare il deserto circostante. Non so dove voglio andare ma so dove non posso andare, così mi ritrovo a vagare, ancora una volta sola, ancora una volta triste, senza una meta, senza una speranza, come un’incognita che più che “trovare” deve essere trovata.
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